A essere troppo buoni...


Volevo rispondere a un commento che ho letto in un blog di una mia amica, commento rivolto a me, ma siccome lo spazio nei commenti non è dei migliori ho preferito scrivere direttamente qui. E poi, l'autrice di questo appunto merita un posto d'onore e avere un post tutto suo. 

È proprio vero che a essere troppo buoni lo si prende sempre in quel posto. Ormai tutti conoscono la storia di un certo Victor Hugo. Tutti sanno che lui per primo ha iniziato a insultare pesantemente sia me, che i lettori di questo blog che tutti gli italiani in genere. Tutti sanno che alla fine proprio lui ha chiesto di voler eliminare i commenti che ha scritto e tutti sanno che, proprio per calmare le acque, ho effettivamente eliminato tutti i suoi interventi e altri, di altre persone, che facevano riferimento a lui.

Io ho fatto questo per dimostrare a lui e a quelli come lui che esistono italiani che sanno usare il cervello (scusate, ma a questo punto la modestia non serve) e pensavo che in questo modo avrei risolto il problema.

Il caso invece vuole che una persona anonima ha lasciato codardamente un commento in un altro blog parlando ancora male di me e accusandomi di aver insultato un gruppo di studenti brasiliani. Questo è quello che ha scritto:

oLA jULIANA,

Sou brasileira como voce e moro na Italia a 5 anos. Sigo o seu blog, mas muito me espanta, uma pessoa muito inteligente indicar um premio a quei blogger in cui “si riconosce il valore di ogni blogger, per il suo impegno nella trasmissione di valori culturali" a um blogger que escreve de maneira vexatoria sobre o Brasil e a nossa cultura. Não aceita comentários de Brasileiros no seu blog (eu mesmo ja fiz vários) e ainda insulta as pessoas que o respondem. Uma comunidade de estudantes brasileiros na Italia foi insultada por este Blogger e pelos seus amigos. Talvez seja hora de rever os conceitos, te aconselho ler 
http://brasilitalia-doiscoracoes.blogspot.it/2012/11/pillole-quotidiane-iii.html e se estupir com tal brutalidade. Sou uma grande defensora da liberdade de expressão, mas este Sr. esta ultrapassando os limites da ofensa. Os brasileiros não são ignorantes como ele mesmo escreve e nos como brasileiros devemos defender a nossa cultura e o nosso povo. Obrigada pelo espaço.

Ora lasciate che risponda a questa gentile persona.

Cara Anonima, io non so chi tu sia, ma di sicuro so che sei una persona estremamente ignorante e più che altro molto bugiarda. Affermi che io non accetto commenti da brasiliani, ma se tu andassi a vedere noteresti che una buona metà vengono proprio dai tuoi connazionali. E le rarissime volte che effettivamente ho rifiutato di pubblicare un commento, italiano o brasiliano che sia, è stato perché risultava molto offensivo o non attinente con l'argomento in questione. Purtroppo, lasciamelo dire, di persone come te ce ne sono molte, quindi è facile ricevere insulti e provocazioni. Ma se volete insultare o sfogare la vostra ansia è meglio che cerchiate un altro posto, perché qui persone maleducate non le faccio entrare.

Inoltre aggiungi "eu mesmo ja fiz vários". Ma quando? Ma chi sei? Hai un nome? Hai un modo di dimostrare quello che dici? E quali commenti ti avrei cancellato? Di cosa volevi parlare? In quali post? Dimmi quando io ho fatto questo e io ti dirò se effettivamente l'ho fatto e il perché. Altrimenti stai zitta che è meglio.

Poi dai il massimo quando asserisci: "Uma comunidade de estudantes brasileiros na Italia foi insultada por este Blogger e pelos seus amigos." Se tu fossi capace di leggere, cosa che io dubito, avresti notato che è stato esattamente il contrario. Sono stati proprio quegli 750 studenti brasiliani, a capo del fantomatico Victor Hugo, ha insultare me, i miei amici e gli italiani in genere. Se vuoi ho ancora qui i commenti da lui inviati. Te li posso far leggere così forse capirai di cosa sto parlando (anche se dubito anche di questo). E pensi che la gente possa accettare insulti senza far niente? Il minimo che si possa fare è di insultare a vicenda. Ma proprio perché le cose stavano prendendo una brutta piega Victor ha chiesto di eliminare i suoi commenti e io ho accettato. Anche perché, nella mia beata ingenuità, credevo che le cose finissero li.

Una cosa è vera di quello che hai scritto: os brasileiros não são ignorantes como ele mesmo escreve. Per fortuna qui in Brasile esistono tantissime persone differenti da te e questo mi da speranza di continuare e vedere questo paese piano piano crescere e migliorare. Inoltre, lasciamelo dire, come se non bastassero tutte le fandonie che hai detto, hai dimostrato di essere molto codarda. Già il fatto di scrivere queste cose senza mettere il tuo nome, anche inventato, dimostra questa tua grande mancanza di coraggio. Ma la cosa peggiore di tutte è stata quella di fare un commento negativo e insultante nei miei confronti e di altre persone in un altro blog. Sarebbe stato più corretto mandare questo commento a me. Ma per far questo dovevi dimostrare di essere un pochino intelligente, e questo per te era impossibile.

Non che sia sorpreso da questo tuo atteggiamento. So da fonti sicuro che, tanto per fare un nome, Verdadeira Italia più di una volta ha parlato male di me e di altri blogger (anche brasiliani) nel suo blog o nella sua pagina di Facebook. Quindi sembra che la covardia sia una caratteristica di voi brasiliani. Ti consiglio infatti di leggere il mio post anteriore dove, in qualche modo, parlo proprio di questo.

In ogni caso io non ho problemi a dire quello che penso e, come tu affermi, sono anch'io un difensore della libertà di parola e di pensiero. Però come sempre tu dici c'è un limite, e parlare (male) dietro le spalle non è mai una cosa bella da fare. Se vuoi ribattere, in questa sede, quanto io ho scritto, ti assicuro che siamo qui per ascoltare quello che avrai da dire. L'importante é non insultare e essere sempre gentili, cosa che voi riuscite a fare bene. Solo così avrai una risposta adeguata. In caso contrario cosa potrai aspettarti?

Ti lascio con il video di una canzone di Tiziano Ferro. S'intitola TROPPO BUONO. Penso che valga la pena ascoltarla.


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Essere italiano


Ci sono cose che non cambieranno mai. Altre che cambiano col tempo. Une delle cose che mai cambierà è il fatto di essere italiano. Può sembrare una banalità ma non lo è, credetemi. Io vivo in questo paese da più di tre anni, e come ho già detto in varie occasioni è molto probabile che sarà qui che finirò i miei giorni. Ma pur “gostando” di questo paese (perché credete che stia qui, perché trovo noci di cocco tutto l’anno?) non potrò mai abituarmi ad alcune caratteriste di questo popolo, né tanto meno potrò mai accettare di essere diverso da quello che sono.

È chiaro che non è così per tutti. Alcuni accettano di buon grado queste differenze. Anzi, sono così portati per vivere in questo paese che sono loro i primi a cambiare, non solo accettando in tutto e per tutto i costumi e le abitudine locali, ma diventando a tutti gli effetti uno di loro. Leggo in un noto blog:
“… I brasiliani non dicono mai di “no”, non sono capaci, non ci riescono, è più forte di loro. Credono di farti uno sgarbo, sono troppo educati per dirti di no. Bisogna dire sempre di sì, essere sempre a disposizione del prossimo, non irritarlo, assecondarlo, sempre. Non importa che molto spesso irriti più un falso sì di un sincero no. Quel suono monosillabico, tanto semplice da pronunciare, non lo vedrete mai uscire dalle labbra di un brasiliano. Se poi non è tanto convinto del “sì” che vorrebbe pronunciare come fosse una liberazione, se la cava con un “vamos ver“, “vedremo”, con un “vamos nos falando“, “ci sentiamo”, con un “acho que sim“, “penso di sì”… Tutti lo fanno, ma tutti si lamentano: “Sapevo che non veniva, è un fanfarrão (fanfarone)”. Adesso basta! Divento fanfarrão anche io: cari brasiliani piuttosto che dirvi un sincero no, comincerò anche io a darvi buca, a rendervi pan per focaccia, ma in amicizia, con gentilezza. E poi proprio come voi, poi mi lamenterò dei fanfaroni, ma bonariamente, senza cattiveria. Alla fine siete fatti così e siete uno dei popoli più allegri del mondo, cercate di non cambiare. Piuttosto cambio io.”.
Io non voglio cambiare gli altri, ma nemmeno voglio cambiare io.

Questa mia mancanza di cambiamento per alcuni viene interpretata come ottusità mentale, per altri come una forma di stupida e orgogliosa vanità. Ma per la verità è solo una forma per dire agli altri “Accettami per quello che sono”. Sono consapevole di non essere perfetto e di avere molte lacune, ma so vedere anche le lacune degli altri. Quindi io non dirò mai a un brasiliano “Tu devi fare come me, perché il tuo modo è sbagliato”. È ovvio che troverò strane alcune sue abitudini, se sono diverse dalle mie e dirò “Io faccio diversamente”. Ma lascio libero di fare come ognuno vuole.

Purtroppo non è così per tutti e molte persone, solo per il fatto che faccio notare queste piccole differenze, mi criticano aspramente e mi giudicano in malo modo pensando che io mi creda superiore in qualche cosa. Queste persone non si rendono conto che la mia non è una critica nel loro modo di fare o di pensare, ma solo una constatazione logica di differenze culturali. Ma purtroppo, in questo paese, la sincerità non è una cosa molto gradita.

Per fortuna esistono persone che sono consapevoli di queste differenze, e ne parlano senza problemi, giusto per far capire agli altri che non siamo tutti uguali, e che ognuno dovrebbe apprendere un poco dalle altre persone. Uno di questi è Fabio Barbiero, già citato diverse volte in questo blog per essere un ottimo conoscitore del popolo brasiliano (come lui è) ma anche di quello italiano. Questo è quello che ha scritto un po’ di tempo fa a riguardo su alcune differenze tra di noi:
SINCERIDADE NUA E CRUA
Esta è talvez uma das diferenças culturais mais gritantes entre o Brasil e Itàlia e para explicà-la recorro a uma pequena història que geralmente conto aos clientes e amigos:
Imaginamos a seguinte situaçao: voce està com o voo marcado para o dia seguinte, e seu aviao partirà às 08:00 horas da manha e precisa de alguém que te leve ao aeroporto.
Pedindo para um brasileiro, que entra às 08:00 da manha no emprego e SABE que nao terà como te levar, a resposta dele è mais ou menos assim:
- Saga, fica tranquilo que a gente vai dar um jeito!!! Vou ligar pro meu chefe, explicar a situaçao e claro que ele vai deixar, afinal preciso levar um amigo no aeroporto...
Resultado: no dia seguinte, 7:30 da manha e com voce jà tendo arrancado metade dos cabelos tentando ligar no celular do amigo - sempre caindo na caixa postal ou nao respondendo, eis que consegue falar com ele que te responde: - Puuuutz, cara sacumé, voce acredita que nao me liberaram para te levar? E voce perdeu o seu voo...
Pedindo para um italiano, que também entra às 08:00 da manha no emprego e SABE que nao terà como te levar, a resposta dele è mais ou menos assim:
- Saga, nao tenho a menor condiçao de te levar no aeroporto, pois neste horàrio estarei trabalhando, por isso è melhor voce procurar outra pessoa ou outra alternativa!!!
Resultado: voce nao esperou a ajuda do cara, ligou para um serviço de tàxi e graças a Deus correu tudo bem e voce conseguiu embarcar em tempo. E nao perdeu o seu voo...
Conseguiram distinguir a diferença cultural aqui? O italiano (o europeu em geral) nao tem meio-termo: ou è, ou nao è! Se voce tem um problema, fale na cara, de forma franca, jamais fale pelas costas, pois isso aqui è considerado falta de caràter - e convenhamos, é falta de carater!!!
No Brasil existe a palavra melindre que segundo o dicionàrio Michaelis significa, entre outras coisas: "Cuidado extremo em não magoar ou ofender por palavras ou obras."
E è aqui que a porca torce o rabo, pois usualmente temos tanto, mas tanto medo em magoar os outros que acabando fazendo promessas mesmo sabendo que nao poderemos cumpri-las!!!
O italiano - ao contràrio - aprendeu desde pequeno que magoar uma pessoa è exatamente o oposto: prometer algo que saberà que nao poderà cumprir. E este comportamento para um brasileiro (melindroso) è considerado estùpido ou mal-educado. Jà o comportamento do brasileiro para o italiano (rigido) è considerado falta de caràter, de comprometimento, de confiança...
Eu mesmo jà me vi em situaçoes embaraçosas, como por exemplo um cliente que bateu na minha porta determinado dia (num domingo) para reclamar que o italiano com quem ele dividia a casa era muito mal-educado e ele nao estava mais suportando a situaçao. Quando eu perguntei o que havia acontecido ele me respondeu: - Voce acredita que ele passou por mim e nao me deu bom-dia?
Sim, caros leitores, juro que isso aconteceu e quando eu escrever o livro 'As pèrolas do Saga' vai constar là com certeza!!!
Minha resposta italianizada: - Ok fulano, voce bateu na minha porta num pleno domingo apenas para me dizer que alguém nao te cumprimentou, o que voce quer que eu faça??
Naquele momento, com base na cara toda chorosa do rapaz, percebi que na verdade ele nao queria que eu fizesse nada, queria apenas desabafar com alguém...
O Saga brasileiro teria respondido: - Poxa vida, nao acredito, mas nao liga nao, às vezes ele estava imerso nos pròprios pensamentos, e veja sò: voces nao sao amigos, ele nao precisa te dar bom dia todas às vezes que te encontra durante o dia...
O Saga italiano simplesmente queria matar o cara, pensando: - Porca miseria, o que eutenho a ver se alguém passou por voce e nao te cumprimentou???
AS RELACOES ENTRE AS PESSOAS E A AMIZADE
Acredito que uma das maiores liçoes que aprendi aqui na Itàlia è que chamar um amigo de amigo è como a frase eu te amo: nao deve ser falada da boca pra fora!!!
Aprendi tambèm que as amizades sao construidas ao longo do tempo, e quando alguém disser que è seu amigo, è porque ela è verdadeiramente seu amigo e que farà qualquer coisa por voce!!!
Mais uma vez recorro a uma frase do blog da Barbara - o Brasil na Itàlia que jà tinha usado em 2008:
"O brasileiro está acostumado a ter um milhão de amigos. Você senta em um bar, conhece uma pessoa nova, na próxima vez que o encontrar já o apresentará como "esse aqui é meu amigo fulano de tal". Na Italia receber o título de "amigo" é quase tão difícil como conquistar uma medalha de ouro nas Olimpíadas."
Porém aproveito para roubar um pouco mais do artigo original dela para enriquecer o argumento:
Se você trabalha sempre com uma pessoa, depois vai a uma festa com essa pessoa, como a apresenta? O italiano dirá “questo é il mio collega fulano de tal”. Sim, sempre colega mesmo que vocês trabalhem juntos há anos!  Será que é só um modo para dizer a mesma coisa? Vamos apelar ao dicionário:
Collega: compagno di professione, di studi, di ufficio, ecc. Socio in un’impresa, in un’attività, chi si trova nelle stesse condizioni di un’altra persona.
Amico: che è benevolo; chi è legato a qualcuno con affetto e familiarità: l’amico d’infanzia, l’amico del cuore.
Entenderam? O que diferencia um do outro é o sentimento. O collega é um colega por simples casualidade, o amigo é aquele do coração, que faz parte da nossa vida.
Talvez o brasileiro chame todo mundo de amigo porque mesmo por um breve período de tempo, deixa que aquela pessoa entre no seu coração. Aqui é preciso demonstrar, provar, merecer.
Na Italia cada um tem o seu papel e deve saber muito bem como não ultrapassar os limites da vida alheia. Tanto é que uma das expressões mais usadas é “Non mi permetterei mai” ou “Non ti permettere”.
fonte: Minha saga
È un vero peccato che in questo paese non ci siano molte persone come lui, perché sono sicuro che potrebbe essere migliore. Ma forse sono io che sbaglio e che pretendo troppo. Forse anch’io, come il mio amico di São Paulo, dovrei cambiare e cercare di diventare almeno un po’ più brasiliano. 
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I BRASILIANI E IL CLIMA


Rimaniamo sul tema di non prenderci troppo sul serio con questo video che descrive, pur se in modo divertentissimo, una realtá brasiliana: il binomio FREDDO-BRASILE.

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PILLOLE QUOTIDIANE III


Questa mattina sono andato in banca. In tutte le banche brasiliane ci sono diverse casse, ma una è sempre usata, per Legge, per quello che loro chiamano "atendimento prioritário", cioè per gli anziani, disabili o persone con bambini piccoli. Nulla da ridire su questo, se non fosse che è veramente scocciante essere in fila come un manzo pronto al macello (andare in banca mi da sempre questa strana sensazione)  e vedere persone che ti passano davanti come se nulla fosse. Mi domando cosa farebbero questi anziani o queste povere mamme se dovessero venire in Italia dove, perlomeno da che io conosca, non esistono privilegi per nessuno e un anziano ha gli stessi diritti di una persona qualunque.

Dopo aver fatto quello che precisavo e avermi sorbito l'ennesima offerta commerciale dell'impiegata allo sportello (qui Guido Angeli o Roberto da Crema non sono nessuno!) cerco di uscire da quell'aggeggio infernale che chiamano "porta giratória". Basta avere indosso la più piccola parte di metallo che questa maledetta porta si blocca. E qui cominciano le scene drammatiche e patetiche verso la guardia di sicurezza, dovendo mostrare tutto quello che hai nelle tasche o nella borsa. Alla fine, pur dimostrando che non possiedi nessuna arma (anche se in quel momento ti piacerebbe averne una) questa gentilissima segurança schiaccia un bottone al lato e ti lascia entrare. "Ma allora non potevi farmi entrare subito, evitando così tutta questa pagliacciata?" Ma non si può dire questo alla segurança, quindi consoliamoci sul fatto che questo aggeggio riesce a vedere se hai metalli in corpo ma non a leggerti nella mente.

Quando finalmente riesco a uscire da quel luogo dove l'unica cosa positiva è l'aria condizionata, mi dirigo verso il supermercato. È difficile qui trovare della pasta degna di questo nome, ma con un po' di fatica si trova qualcosa. E nel supermercato Dia% che c'è qui vicino riesco a comprare degli spaghetti di grano duro senza spendere una fortuna. Ma non crediate che fare la spesa sia un compito facile qui in Brasile. Per il contrario!

Andare in un supermercato per me è motivo di logorio mentale così stressante che nemmeno una settimana di psicoterapia basterebbe a risolvere le cose. Già entrare è un problema, con i carrelli sparsi per tutti gli angoli e la gente ferma a parlare del più e del meno. Una volta che entri, per girare nei reparti devi fare gimcane meglio di Tomba, dato che qui la parola d'ordine è "quantità". Non ha importanza se lo spazio è piccolo e non c'è posto per molte cose. Non importa se la gente deve dribblare le persone meglio di Neymar dato che i corridoi sono strettissimi e la merce è accatastata in tutte le parti. La cosa importante qui è avere tantissimi prodotti per poter vendere di più, non importa lo spazio microscopico o la scomodità dei clienti.

In ogni caso passo davanti al reparto frutta e verdura, dove insalate mosce dal caldo e frutta troppo matura mi guardano come se chiedessero "portami via da qui!". Vado direttamente nel reparto pasta e riso, proprio di fronte agli innumerevoli brick di molho de tomate, puré de tomate, polpa de tomate, molho tradicionale de tomate, molho refogado de tomate, Tarantella originale (ma che ca##o é, un sugo o un ballo tradizionale?), molho com azeitona, molho á parmigiana, molho de atum, molho di qui, molho di qua... alla fine sempre la solita porcheria di passata di pomodoro annacquata. 

I "frios", cioè i salumi, qui in Brasile neanche li guardo. Se prendi un prosciutto cotto "di qualità"  viene con una  striscia di grasso che farebbe gola al nostro lardo nostrano. Se vuoi spendere poco trovi l'apresuntado, cioè un prosciutto di infima categoria super salato  La mortadella sembra più una fetta di carne Montana che il nostro tipico prodotto bolognese. Di salami ne trovi solo un tipo, però qui sono onesti, e lo chiamano "tipo" Milano, proprio per non confonderlo col nostro tradizionale Cacciatorino. E così anche per i formaggi: qui troverete il "tipo" parmigiano, il "tipo" gorgonzola, "tipo" provolone", ecc.

Siccome ho voglia di fare un dolce ho bisogno della panna montata. Ma anche in questo è diverso che in Italia, perché qui non si trova la panna da montare, ma solo quella da cucina. E chiunque abbia provato a montare una panna da cucina sa che sono due cose completamente differenti. Allora sono obbligato a optare verso un prodotto simile. Sulla scatola, simile per tutto a quella della panna, c'è una bellissima immagine di una coppa di fragole con... panna. E il nome di questo prodotto è Chantilly (ma va??)! Per la verità il nome completo è "Creme tipo Chantilly", perché qui l'onestà viene prima di tutto. Quindi è il prodotto che fa per me, penso. Ma vado, per semplice curiosità  a vedere gli ingredienti, immaginando, da perfetto ingenuo, il binomio chantilly-panna. E invece dentro a quella minuscola confezione trovo:

água, óleos [quindi piú di uno] vegetais, açúcar, caseinato de sódio, sal, estabilizantes hidroxipropilcelulose, sorbitol, emulsificantes esteres de ácido diacetiltartarico e mono e diglicerídeos, lecitina de soja [Hei... questo é un prodotto naturale!], ésteres de ácido lático e momo e diglicerideos, aromatizzante, corante sintetico identico ao natural [questo é importante] e beta caroteno. 

Ma, e questo scritto in maiuscolo: NÁO CONTEM GLÚTEN!

Ma por@% la putt$#a! La semplice, comune, modesta e naturale panna da montare dove ca##o è??? Con tutte le mucche, manzi e vitelli che avete in Brasile possibile che non riuscite a produrre una semplice panna da montare, derivata dal latte. Sapete di cosa è fatta la panna montata? Di panna e aria! Solo questo. E voi non siete capaci a farla? Giuro che ci sono cose di questo paese che non capirò mai.

Comunque, anche se un po' afflitto, mi avvio verso la cassa. E qui inizia l'angoscia! Davanti a me c'è una persona che sta pagando e un cliente con un carrello. Il banco della cassa è vuoto, libero, ma pensate che questo cliente cominci già a collocare i suoi acquisiti sul bancone? Figuratevi! Prima aspetta che il primo clienti paghi, poi aspetta che la cassiera lo saluti, poi si scambiano due chiacchiere di cortesia, poi finalmente  ma sempre con immensa calma, inizia a porre i suoi prodotti sul banco. Ora vi direte: "Bene, ora che questa persona ha vuotato il carrello tu puoi mettere i tuoi prodotti sul bancone". Ma non è così,  perché questo simpatico signore, invece di iniziare a mettere quello che ha comprato nei sacchetti, rimane fermo davanti alla cassa senza far niente, aspettando che la cassiera gli dia lo scontrino, e non mi da spazio per fare il mio dovere. E solo dopo, allora, si sposta, sempre con calma, verso l'uscita. Questo ovviamente dopo aver fatto altre obbligatorie due chiacchiere di cortesia con la cassiera.

Ma alla fine questo si avvia e io posso mettere i miei prodotti sul banco. Ma come sempre qui la privacy non esiste, e il cliente dietro di me, attaccato al mio c#lo, inizia a collocare anche lui la merce che ha comprato sul bancone (perché io, a differenza di altri, metto i prodotti vicino alla cassa in modo che i clienti dietro di me possano già iniziare a mettere i propri, così da risparmiare tempo). Ma qui non esiste quel banalissimo accessorio con la scritta "PROSSIMO CLIENTE"  che si usa in Italia, da mettere in mezzo tra i propri prodotti e quelli degli altri, proprio per non mischiare i prodotti tra i vari clienti. Quindi questo gentile e solerte cliente cosa fa? Mette i suoi prodotti attaccati ai miei, così da non capire dove finiscono i miei e iniziano i suoi. E non serve guardarlo male perché tanto non capisce. Ma andiamo con ordine.

Finalmente è il mio turno, ma anche qui la cassiera cerca di vendermi un prodotto in promozione. Ma basta! Non se ne può più di questo! Ma gentilmente dico un semplice "não, obrigado" e mi dirigo in fondo alla cassa per lasciare libero il passaggio (sarò un rompicogl#@ni a volte, ma so quello che devo fare). Come era prevedibile, la cassiera batte anche alcuni prodotti del cliente che era dietro a me. E qui altra perdita di tempo per stornare articoli non di mia pertinenza. Ma in ogni caso riesco a terminare questo giro dantesco e mi affretto a pagare:

"Debito o credito?" - riferito alla carta di pagamento
"Credito"
"Dá um documento pra mim, por favor"
"Claro"
"Pode colocar"
Io devo passare la carta di credito nella macchinetta? Ma é il tuo lavoro, sei una cassiera, perché non lo fai tu? Sei pagata per questo.
"O seu cartão tem chip?"
"Não."
"Então é pra passar ai"
"Ai onde?"
"Ai em cima"
Non funziona
"Outro lado"
"Assim"
"Isso"
"Qual é o numero de segurança?"
"Preciso digitar eu?"
"Não, pode me dizer"
"XXX"
"Tá, obrigada"
"Eu que agradeo, tchau tchau."

E così mi avvio verso casa, con la speranza che questa giornata possa finire presto.

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L'arroganza de potere


La Presidenta Dilma Vana Rousseff Linhares ancora una volta ha diostrato la sua arroganza credendo di sapere tutto. La Presidenta, che in questo periodo sta passeggiando per la Spagna, ha dichiarato che il modello economico e la maniera di come la Europa si sta occupando di questo, è sbagliato.

È interessante vedere questa Presidenta di una nazione del terzo mondo, ma al sesto posto della classifica economica mondiale. Non che noi siamo tali, ma perché chi sta dietro di noi sta attraversando una crisi infernale. Così, quando queste nazioni riusciranno a respirare di nuovo, noi torneremo alla fine della fila.

Beh, questa Presidenta non riesce a far raggiungere il PIL del Brasile ai numeri che erano previsti, in una caduta molto forte. In un paese dove le famiglie sono indebitate per il credito troppo facile, dando all’economia una retrazione molto accentuata. E con un debito interno di 2 trilioni di reais, con l’inflazione che gira nelle nostre tasche e con le aziende statali che attraversano un periodo di incertezza, il crash è molto probabile. Inoltre siamo il paese che cresce meno tra i BRICS da diversi anni e detiene la peggior crescita tra i paesi latino-americani.

Una nazione che non riesce nemmeno a fare i compiti di casa, ma che pretende di insegnare agli altri come curare i propri mali. È molta pretesa e impudenza. Ma purtroppo segue le orme del ex-presidente che affermava che la crisi non avrebbe attraversato l’Atlantico.

Tutto questo senza contare che il paese è il luogo di nascita di furto e corruzione, le infrastrutture non esistono e il costo di produzione locale è a dir poco pornografico.

Per non parlare poi dell’estrema povertà da terzo mondo che vive la maggior parte della popolazione, dove non hanno servizi igienici adeguati o acqua pulita da bere.

Ma cosa pensano queste persone? Saranno veramente così ottuse e pretenziose  da credere nelle loro stesse bugie? Loro stanno vendendo del pesce marcio, e peggio di tutto, c’è chi lo sta comprando.

Ho avuto contatti con alcuni spagnoli che pensavano che questo paese era il Paradiso in Terra. Ma quando hanno visto la realtà di tutti i giorni, andarono via delusi.

E per chi non l’avesse notato, questo DESgoverno toglie l’IPI dalle auto nuove ma aumenta altre tasse per compensare la perdita. Chi è imprenditore sa di cosa sto parlando. E poi vendono la bugia dei bassi interessi, le banche hanno ridotto i tassi con la forza ma le tariffe imposte da loro ai propri correntisti sono esplose. Ma di tutto questo la stampa addomesticata non dice niente.

E per finire, la nostra amata Presidenta  si cimenta in diplomazia cercando di interrompere il conflitto di Gaza. Ha telefonato al segretario generale dell’ONU, dicendo di far cessare il fuoco e… NADA! Il Segretario di Stato degli Stati Uniti è andato in Medio Oriente, ha avuto una riunione co il Presidente dell’Egitto,  e il cessato fuoco è stato subito annunciato.

È impressionante l’importanza che questo DESgoverno di rossi topi da terzo mondo si da. Quando l’ex-presidente, ancora al potere, fu anche lui in Medio Oriente tentando di negoziare una pace tra loro, non si risolse in niente. Ora è stata la volta della Dentuça a fare la stessa cosa e con lo stesso risultato.

È di rilevante importanza come gli arroganti governanti di questo paese credono di avere molto potere, ma finisce quando un Segretario di Stato riesce a fare molto di più e con meno pubblicità che una Presidenta prepotente, arrogante e incompetente.

Il conflitto della fascia di Gaza continuerà ancora per decenni. Quello che non si può sopportare sono governanti senza nozioni che cercano di avere profitti elettorali con le guerre degli altri paesi. E, peggio di tutto, tutta questa gente non apprende mai!!

Tradotto e adattato da: O Mascate


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Il mio secondo selinho!


Oggi ho guadagnato un premio! Juliana, brasiliana di São Paulo ma che vive a Bergamo, autrice del blog La nostra Italia, mi ha “nominato” per  il Prêmio Dardos, creato dallo scrittore spagnolo Alberto Zambade nel 2008.

Secondo questo scrittore, il Prêmio Dardos  viene dato a quei blogger in cui “si riconosce il valore di ogni blogger, per il suo impegno nella trasmissione di valori culturali, etici, letterali e personali, esprimendo in ultima analisi la loro creatività, attraverso il suo pensiero che rimane vivo e  innato tra le sue parole”.

Avevo già ricevuto in passato un premio simile, quella volta datomi da Carla di Sonhos na Italia. So che sono cose semplici e, forse, di poca importanza (non è certamente il Premio Strega o il Pulitzer), però fa molto piacere ricevere un riconoscimento ogni tanto, specialmente quando le critiche sono maggiori degli elogi.

Questo premio ha una sola regola: nominare a propria volta altri dieci o quindici blog che, secondo la propria opinione, meriterebbero un premio analogo. Questa forse per me è la parte difficile, e non perché ritengo che siano pochi i blog così meritevoli, ma per il semplice fatto che seguo e conosco pochi blog brasiliani o che trattino di tali argomenti. Ma penso che non ci siano limitazioni a questo, quindi ecco il mio piccolo elenco:

La Nostra Italia: non perchè è stata lei a darmi questo premio, ma proprio per il fatto che grazie al suo blog molte persone, brasiliani in primis, riescono a conoscere aspetti e luoghi del nostro Bel Paese.

Sonhos na Italia: mi piace il suo blog perchè, pur essendo lei molto orgogliosa e legata al suo paese, riesce a mostrare e spiegare cose dell’Italia con una giusta dose di imparzialità.

Minha Saga, di Fabio Barbeiro. Uno dei migliori blog sulla cittadinanza e sui costumi di noi italiani.

Carta da Italia, di Allan Robert. Una delle persone più intelligenti che io conosca.

Il Mosta, di Giancarlo Mostachetti. A volte ipercritico e irriverente, ma sempre sincero con i suoi lettori. Inoltre lo ritengo un grande esperto di questo paese.

O Mascate. A volte un po’ volgare e un po’ troppo contro il PT, ma rimane sempre uno dei migliori blog per chi vuole conoscere l’altra faccia di molti brasiliani.

Anice & Cannella, uno dei migliori blog di cucina.

Ebook Italia Gratis. Forse non il più fornito, ma di sicuro uno dei pochi blog o siti dove trovare e-book di qualità da scaricare… gratis.

Brandelli di un mondo bizzarro. Prendo questo blog come riferimento per tutti quei blog di italiani che vivono all’estero.

Vado a vivere in Brasile, di Alessandro. Altro blog che tratta in modo chiaro e sincero argomenti dell’altro aspetto di questo paese. Aspetti che possono dare fastidio a qualcuno.

Un montanaro in Brasile. Un "montanaro" italiano che ha scelto, molto furbescamente, di vivere in uno dei migliori luoghi del Brasile.

L’Osteria del Beijaflor. So che non è corretto ma una menzione d’onore la dedico al mio blog di cucina, che molto lentamente sta prendendo piede (e poi ve l’ho detto: non conosco molti blog).

Be’, penso che sia tutto. Grazie ancora tantissimo a Juliana e a tutti quelli che in ogni modo, nel bene o nel male, mi seguono. Abraços!
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São Paulo in guerra


di PAOLO MANZO
Traversa Jurupis, favela Morro do Samba, baraccopoli della città di Diadema. Siamo nell’Abcd paulista, acronimo che indica le principali quattro città che cingono São Paulo: Santo André, São Bernardo do Campo, São Caetano e, per l’appunto, Diadema.

Per capire cosa sia il Primeiro Comando da Capital (Pcc), il gruppo criminale che sta mettendo a ferro e fuoco le periferie di San Paolo, partiamo da un video sequestrato qualche tempo fa dalla polizia brasiliana ed ambientato proprio nella Traversa Jurupis. C’è un party in favela e ciò che più sconvolge in questo «video divulgativo» per girare il quale il Pcc ha contattato addirittura una casa di produzione, è il momento della sniffata collettiva delle centinaia di persone - uomini, donne e persino ragazzini - accorse a festeggiare. Nell’enorme sala da ballo l’operatore inquadra una lunga fila di gente in attesa di sniffare da un’enorme padella quantitativi esorbitanti di cocaina purissima. E, per evitare che possa essere sminuito chi sta dietro a questa maxi-fornitura di polvere bianca, l’incaricato alla formazione delle strisce di coca le raccoglie in modo da comporre tre enormi lettere: Pcc. Da lì, dalle tre lettere simbolo, le persone aspirano la coca usando come cannuccia dollari arrotolati, elargiti dai membri dell’organizzazione criminale.

«Invito tutte le persone, le famiglie, i gruppi, le comunità e le parrocchie a pregare per la pace nella nostra città». Queste le parole usate l’altro ieri dal cardinale Odilo Pedro Scherer, per cercare di dare un po’ di conforto agli spaventati abitanti di San Paolo alle prese con un’ondata di violenza che, solo nell’ultimo fine settimana ha visto cadere sotto i colpi di pistole e fucili 31 persone innocenti. Con oltre 1600 i morti ammazzati dal giugno di quest’anno - più dell’Iraq o dell’Afghanistan tanto per intenderci - e un centinaio di poliziotti abbattuti da inizio 2012, pari alla metà dei tutori dell’ordine uccisi in tutto il resto del Brasile, a San Paolo è tornata dunque la paura e la causa scatenante è proprio il Pcc, l’organizzazione criminale che monopolizza il traffico di crack e cocaina nella capitale economico-finanziaria del Sudamerica, con ramificazioni in tutto il paese e contatti persino con la ’ndrangheta.

Un film dell’orrore quello della violenza paulista. Un film che ricorda l’orrore del maggio 2006, quando in una settimana il Pcc organizzò a San Paolo 251 attentati, fece saltare in aria 17 banche e 80 autobus, mise a ferro e fuoco con i suoi «membri» una stazione della metropolitana, assaltò 56 caserme ed uccise decine di poliziotti. 

Oggi i numeri sono simili e, soprattutto, il problema è lo stesso: il trasferimento dei principali leader del Pcc in carceri di massima sicurezza dove non possano più comandare il traffico degli stupefacenti, i sequestri e, quando vogliono far «sentire la loro voce», persino dichiarare «guerra» alla polizia, come invece accade regolarmente.

Per comprendere la situazione è sufficiente andarsi a rivedere l’intervista telefonica fatta dal reporter televisivo Roberto Cabrini a Marcos Willians Herbas Camacho, alias Marcola, in cui il leader del Pcc conferma di essere stato lui ad aver dato l’ordine nel 2006 «di assaltare la metropoli paulista a causa delle decisioni prese dalle autorità sul regime carcerario». Oggi come ieri è stato sufficiente che i leader dell’organizzazione venissero avvertiti – non è dato sapere da chi – che sarebbero stati spostati dalle loro «comode» carceri, perché scattasse la «dichiarazione di guerra», facendo sprofondare San Paolo nel caos. E così, da una settimana, quasi tutti gli autisti delle linee di trasporto urbano non appena tramonta il sole, rientrano nelle autorimesse. «È troppo pericoloso», fanno sapere i conducenti appoggiati nella loro decisione dalle compagnie di bus che di mezzi andati in fumo ne hanno visti troppi: oltre una ventina nelle periferie solo negli ultimi giorni.

E, a dimostrazione di come la situazione sia grave, domenica scorsa si è vissuto un dramma senza precedenti per questa città, la più cattolica al mondo per numero di abitanti: l’annullamento di tutte le funzioni religiose serali, per timore di attacchi indiscriminati del Pcc. Insomma, anche se il coprifuoco non è stato dichiarato dalle autorità locali, la popolazione di San Paolo vive come se ci fosse, solo che a decretarlo è stata un’organizzazione criminale che annovera, secondo le stime, migliaia di «soci» tra le sue file. Difficile dire come e quando la situazione tornerà alla normalità, di certo c’è che per il Brasile che si appresta ad ospitare i Mondiali di Calcio del 2014 - San Paolo ospiterà almeno un quarto di finale - l’attacco sferrato dal Pcc è un pugno allo stomaco.

fonte: La Stampa
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RISCALDAMENTO: SE LO CONOSCI LO EVITI


Strano a dirsi, ma io ho qualche amico brasiliano. Uno di questi è Fabio Barbiero “Saga”, che ha un ottimo blog molto seguito sulla cittadinanza italiana. Un altro mio amico  è Jorge Henrique.  Fabio vive in Toscana, mentre Jorge vive a Ribeirão Preto, nello Stato di  São Paulo.

Jorge parla perfettamente l’italiano, così come Fabio, e anche lui s’interessa molto sull’Italia e sul tipo di vita di noi italiani. Leggendo un post nel blog di Fabio sul riscaldamento domestico in Italia, Jorge, dopo un attimo di perplessità totale, mi chiede se effettivamente il riscaldamento in Italia costa davvero così tanto, facendomi anche altre domande sempre su questo argomento. Siccome le cose da dire sarebbero molte, ho preferito rispondergli tramite il mio blog. Allora, caro Jorge, veniamo a noi…

Dio, ma la bolletta del gas costa davvero molto, dai 400 ai 1500 Euro ogni due mesi, è vero??

Costa davvero così tanto, caro J.H. E’ ovvio che il costo dipende da molti fattori, come le dimensioni dell’appartamento, le ore di utilizzo e la temperatura di esercizio. E’ chiaro che costa di più riscaldare un appartamento di 100 mq che uno di 50 mq. Come è chiaro che se voglio avere 30° in casa spenderò di più che averne 20°. Per darti un’idea, in Italia io vivevo in un bilocale di 56 mq. e spendevo dai 300 agli 800 euro cada bolletta, dipendendo dal mese di utilizzo.

Ma per quanti mesi serve il riscaldamento?

So che esiste una legge in Italia che dice in quale periodo puoi accendere il riscaldamento. Io lo usavo da fine ottobre a fine marzo, ma capitava che potevamo usarlo anche in aprile, a seconda del tempo. Inoltre, per ovvie questioni economiche ma anche di logica, non puoi tenere acceso il riscaldamento 24 ore al giorno, o perlomeno non alla stessa temperatura. Di solito alla sera si spegne, dopo le 22:00. Questo per evitare di spendere troppo, tanto di sera si va a dormire sotto le coperte, sia per non disturbare i vicini (la caldaia fa sempre rumore).

…scherzando, ti dico, anche per me 19/20 gradi 'e molto freddo!

Questo è comprensibile, specialmente per una persona come te che vive perennemente con una temperatura media di 30° (quest’anno avete già superato i 40°, senza essere ancora in piena estate). Ma devi tener presente una cosa che ha giustamente spiegato Fabio “… quando chegamos na Itàlia (ou Europa em geral) o que fazemos? Queremos andar de camiseta dentro de casa, afinal agora somos chiques, moramos na Zoropa e temos riscaldamento.” Questo concetto è tipico di voi brasiliani, o di persone che vivono in paesi tropicali. Non puoi pensare di vivere dentro casa in camicetta quando fuori ci sono -10°! Tutti noi italiani, almeno quelli del Nord, passano le giornate dentro casa con una bella felpa (moleton) o un maglioncino. Può essere che qualcuno abbia il coraggio di stare solo con una camicetta, ma questo è perché quella persona è particolare e non soffre il freddo. Quindi durante l’inverno italiano preparati a stare in casa con pantaloni, felpa o maglione e delle comode ciabatte imbottite. Inoltre per te forse 20° è freddo, ma se fai una ricerca su internet vedrai che tutti, ma proprio tutti, dai medici agli economisti, dicono che la temperatura ideale per la salute è proprio 20°. Sempre per farti un esempio, la media a casa mia era di 18° e credimi, stavo da Dio! Qui in Brasile dove abito ora siamo nella media di 30° dentro casa, con punte fino a 39°. Da spararsi!!

E sempre parlando su questo tema, è anche vero che in genere i brasiliani non hanno la concezione dell’abbigliamento come l’abbiamo noi europei. Qui è normale vivere per 12 mesi all’anno con bermuda e chinelos. Nel “inverno” brasiliano è comune vedere persone andare in giro con una felpa con cappuccio, per proteggersi dal freddo, ma sempre con gli onnipresenti bermuda e havaianas ai piedi! Questo per me è un’assurdità totale, perché sono abituato a vestirmi in base alle esigenze climatiche. Quindi se fa caldo ben vengano calzoni corti e ciabatte, ma se fa freddo trovo giusto indossare dei jeans e un giubbotto. Qui se provo a mettere un giubbottino leggero la gente si mette a ridere “Mas não está chovendo”, mi dicono, come se un giubbotto fosse una cosa da indossare solo in casi particolari. Non parliamo poi di giacche e cravatte, che qui sembra che quasi non esistano! Il bello è che quando qui è “inverno” la gente diventa matta e non sa più cosa fare per proteggersi dal “freddo” tropicale. Altra cosa per me assurda, ma che qui succede, è che d’inverno le persone stanno in casa col giubbotto! Nessuno pensa a comprarsi un maglione o qualcosa del genere. Quindi entri dentro una casa e vedi persone che mangiano o lavorano con un bel giubbottone… però se esci in primavera con questo ti ridono dietro… vai a capire voi brasiliani!!

Quindi il consiglio per chi vuole cimentarsi nella vita invernale italiana, oltre a procurarsi un po’ di soldi, è quello di cambiare atteggiamento e idee locali, cercando invece di adeguarsi prendendo esempio dalla vita normale degli italiani.

Abraços!
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Sulla stupidità umana II


Avevo scritto questo post esattamente un anno fa, ma purtroppo risulta ancora molto attuale. Evidentemente cambiano i tempi e le persone, ma certe cose rimangono sempre uguali. Dedicato ai due imbecilli che ultimamente  si sono aggiunti alla già lunga lista di persone senza cervello.

Grazie a un bellissimo blog di un brasiliano che risponde al nome di Paulo Roberto de Almeida, ho avuto modo di conoscere un fantastico libello di un certo Carlo Maria Cipolla. Chi era costui, direte voi. Be’, questo incredibile personaggio, morto purtroppo dodici anni fa, è stato un grandissimo storico italiano, specializzato in storia dell’economia. Ha studiato nell’Università di Pavia (città dove lui è nato) ma anche alla Sorbonne di Parigi e alla London School of Economy. Dopo la laurea insegnò nelle maggiori Università italiane ma anche negli Stati Uniti, precisamente all'Università di Berkeley in California. Ha scritto numerosi libri, fu membro di molte prestigiose accademie e, nel 1995, ricevette il Premio Balzan per la storia economica con questa motivazione: "Carlo Maria Cipolla è considerato dai suoi contemporanei come il caposcuola di storia economica che più ha saputo infondere in tale disciplina uno spirito innovatore. In poche parole era uno che il cervello lo sapeva usare.

Bene, questo gran cervellone formulò anche la famosa Teoria della Stupidità. Essa vede gli stupidi come un gruppo di gran lunga più potente delle maggiori organizzazioni come le mafie o le lobby industriali, non organizzato e senza ordinamento, vertici o statuto, ma che tuttavia riesce ad operare con incredibile coordinazione ed efficacia. E’ una teoria molto interessante, specialmente in questo mondo virtual-cibernetico, dove la gente sembra che faccia a gare a scrivere le cose più astruse (e io sono fra questi). Ma andiamo a vedere cosa dice questa teoria:

Le leggi fondamentali della stupidità umana
La Prima Legge Fondamentale della stupidità umana asserisce senza ambiguità di sorta che:
Sempre ed inevitabilmente ognuno di noi sottovaluta il numero di individui stupidi in circolazione
Per quanto alta sia la stima quantitativa che uno faccia della stupidità umana, si resta ripetutamente e ricorrentemente stupiti dal fatto che:
a) persone che uno ha giudicato in passato razionali ed intelligenti si rivelano poi all'improvviso inequivocabilmente e irrimediabilmente stupide;
b) giorno dopo giorno, con un'incessante monotonia, si è intralciati e ostacolati nella propria attività da individui pervicacemente stupidi, che compaiono improvvisamente ed inaspettatamente nei luoghi e nei momenti meno opportuni.

La Seconda Legge Fondamentale che dice che:
La probabilità che una certa persona sia stupida è indipendente da qualsiasi altra caratteristica della stessa persona.
Il fatto straordinario circa la frequenza della stupidità è che la Natura riesca a fare in modo che tale frequenza sia sempre e dovunque uguale alla probabilità a indipendentemente dalla dimensione del gruppo, tanto che si ritrova la stessa percentuale di persone stupide sia che si prendano in considerazione gruppi molto ampi o gruppi molto ristretti.

La Terza Legge Fondamentale chiarisce esplicitamente che:
Una persona stupida è una persona che causa un danno ad un'altra persona o gruppo di persone senza nel contempo realizzare alcun vantaggio per sé od addirittura subendo una perdita.
La Terza Legge Fondamentale presuppone, sebbene non lo enunci esplicitamente, che gli esseri umani rientrino in una di quattro categorie fondamentali: gli sprovveduti, gli intelligenti, i banditi e gli stupidi. Tutti noi ricordiamo casi in cui si ebbe sfortunatamente a che fare con un individuo che si procurò un guadagno causando a noi una perdita: eravamo incocciati in un bandito. Possiamo ricordare anche casi in cui un individuo realizzò un'azione il cui risultato fu una perdita per lui ed un guadagno per noi: avevamo avuto a che fare con uno sprovveduto. Possiamo ricordare anche casi in cui un individuo realizzò un'azione dalla quale entrambe le parli trassero vantaggio: si trattava di una persona intelligente. Tali casi accadono di continuo. Ma riflettendoci bene bisogna ammettere che questi non rappresentano la totalità degli eventi che caratterizzano la nostra vita di tutti i giorni. La nostra vita è anche punteggiata da vicende in cui noi si incorre in perdite di denaro, tempo, energia, appetito, tranquillità e buonumore a causa delle improbabili azioni di qualche assurda creatura che capita nei momenti più impensabili e sconvenienti a provocarci danni, frustrazioni e difficoltà, senza aver assolutamente nulla da guadagnare da quello che compie. Nessuno sa, capisce o può spiegare perché quella assurda creatura fa quello che fa. Infatti non c'è spiegazione - o meglio – c'è una sola spiegazione: la persona in questione è stupida.

La Quarta Legge Fondamentale che afferma che:
Le persone non stupide sottovalutano sempre il potenziale nocivo delle persone stupide. In particolare i non stupidi dimenticano costantemente che in qualsiasi momento e luogo, ed in qualunque circostanza, trattare e/o associarsi con individui stupidi si dimostra infallibilmente un costosissimo errore.
Nei secoli dei secoli, nella vita pubblica e privata, innumerevoli persone non hanno tenuto conto del la Quarta Legge Fondamentale e ciò ha causato incalcolabili perdite all'umanità.

La Quinta Legge Fondamentale afferma che:
La persona stupida è il tipo di persona più pericoloso che esista.
Il corollario della legge è che:
Lo stupido è più pericoloso del bandito.
Dopo l'azione di un perfetto bandito, questi avrà un «più» sul suo conto, «più» che equivarrà esattamente al «meno» che egli ha causato ad un'altra persona. Per la società nel suo insieme la situazione non è migliorata né peggiorata. Se tutti i membri di una società fossero dei banditi perfetti, la società rimarrebbe in condizioni stagnanti, ma non ci sarebbero grandi disastri. Tutto si limiterebbe a massicci trasferimenti di ricchezza e benessere in favore di quelli che compiono l'azione. Se tutti i membri della società dovessero compiere l'azione a turni regolari, non solo l'intera società, ma anche i singoli individui, si troverebbero in uno stato di perfetta stabilità. Ma quando gli stupidi si mettono all'opera, la musica cambia completamente. Le persone stupide causano perdite ad altre persone senza realizzare dei vantaggi per se stessi. Ne consegue che la società intera si impoverisce.

Come dar torto a certe affermazioni? Auguri a tutti gli stupidi!
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IL BRASILE CHE NON TI ASPETTI


Leggo oggi con piacere un articolo su 50&più sul Brasile, in particolar modo sulla città di Curitiba, una delle mie favorite. E’ bello leggere ogni tanto qualcosa di buono su questo paese e che non sia la solita solfa di carnevale, spiagge e pallone.

di Giovanni Orso
Dici Brasile e pensi subito al carnevale, al samba, alle spiagge di Rio e alle favelas, alla deforestazione dell’Amazzonia e al calcio dei grandi campioni; un po’ come accade agli stranieri quando pensano all’Italia, da sempre solo terra di spaghetti, pizza mandolino e mafia.

Dici Brasile e fai un po’ fatica a pensare a ecologia, efficienza, green economy, sostenibilità, concertazione, solidarietà sociale, quasi che queste realtà siano esclusiva di un certo mondo, quello industrializzato, avviato più a trovare una modalità di sopravvivenza che di crescita.

Eppure, il “Brasile che non ti aspetti” è molto più diffuso di quanto si possa credere; un frammento lo si può trovare nello Stato del Paranà, e precisamente nella sua capitale, Curitiba.

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Lontana dai circuiti turistici classici, questa città di 2,5 milioni di abitanti, è balzata agli onori delle cronache un paio di anni fa, quando le fu assegnato il Globe Sustainable City Award 2010, il premio come la città con i migliori progetti innovativi nell’ambito della sostenibilità. Un successo conseguito dall’oggi al domani? Forse, sì…

Tutto è iniziato nel 1971, con l’elezione a sindaco di Jaime Lerner, un architetto-urbanista. I maldicenti raccontano che Lerner fu eletto perché considerato “inoffensivo”, e in grado di conciliare momentaneamente le varie correnti politiche locali. Fino ad allora, Curitiba era stata una città che doveva fare i conti con una popolazione più che raddoppiata in pochi anni, con un traffico caotico e con problemi di cementificazione, degrado e povertà diffusa.

Dopo un anno di “studi”, il neo sindaco sfornò un’idea per l'epoca innovativa: decise di chiudere alle auto il centro e con esso una delle arterie più frequentate (la centralissima Rua de Flores) e creare così un’isola pedonale, la prima in tutto il mondo [in Italia la prima isola pedonale fu creata a Roma il 30 dicembre del 1980], in modo da decongestionare il traffico. Si trovò subito osteggiato, in primis dai commercianti che temevano un calo delle vendite.

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E allora, Lerner giocò d’anticipo. Un venerdì, subito dopo la chiusura dei negozi e degli uffici, fece isolare la zona centrale e iniziare la ristrutturazione dell’area. I lavori andarono avanti forsennatamente per tutto il week-end, e il lunedì mattina i cittadini, quando poterono tornare in centro, si trovarono di fronte ad una vera rivoluzione: era stata creata una zona pavimentata sulla quale furono sistemate miriadi di piante, fioriere, aiuole, panchine e lampioni. Pare che la gente presa dalla curiosità si precipitò in centro e colta dall’euforia della novità decise di prendere un fiore come ricordo.

Ma il “sindaco innovatore” aveva previsto anche questo: numerosi giardinieri erano pronti a sostituire i fiori strappati con altri freschi, finché dopo giorni, ebbero la meglio sui collezionisti di souvenir floreali.

Ovviamente, gli oppositori alla “rivoluzione verde” non si diedero per vinti nonostante l’impennata delle vendite, e per il sabato successivo organizzarono una marcia, con tanto di automobili, sulla zona pedonale. Ma Lerner giocò di nuovo d’anticipo, o per meglio dire d’astuzia, e il giorno seguente fece trovare la zona pedonale “inondata” di fogli giganti e di bambini intenti a disegnare su quelle tele improvvisate. Fu una vittoria senza eguali, tanto che ancora oggi il sabato è il giorno in cui i bambini possono dare sfogo alle loro creatività nel cuore della capitale.

Lerner passò quindi alla fase due: decongestionare il traffico. La ricetta delle grandi città, si sa, è la metropolitana. Che è, comunque, un costo. Il sindaco si chiese: “Che cos’è una metropolitana? Deve avere velocità, confort, affidabilità e una grande frequenza. ma perché deve essere sotterranea?”. Detto fatto. E diede vita al rapid bus, ovvero una metropolitana di superficie.

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Le grandi strade furono suddivise in corsie preferenziali nelle quali gli autobus viaggiavano a velocità diverse: c’erano le corse dirette e quelle con molte fermate. Le grandi arterie poi, s’intersecavano con le vie di scorrimento per bus più lenti e con maggiori fermate, diretti verso la periferia. Nell’ora di punta i bus partivano ogni 30 secondi! Fu come avere una metropolitana ma con costi dimezzati.

La convinzione di Lerner era che, se veniva offerto un servizio rapido e efficiente, i cittadini avrebbero preferito i bus alla propria auto. E i fatti gli hanno dato ragione: inizialmente si servirono dei bus rapidi circa 54 mila persone, oggi sono oltre 2 milioni. Le fermate sono poste in tubi con un tornello d’ingresso; la quasi totalità dei passeggeri paga il biglietto [gli anziani non pagano], tenuto a un prezzo molto basso [tanto basso non mi sembra, visto che costa R$2,50] per favorire le famiglie più povere. I costi di gestione dei bus sono sostenuti dai biglietti venduti.

Parallelamente al rapid bus venne creata una fitta rete di piste ciclabili. Attualmente sono 150 i chilometri coperti. Ogni abitante ha 55 mq di verde; negli Anni ‘60 ne aveva 1 mq. La trasformazione della città ha coinvolto anche i ceti più poveri. Nel corso degli anni sono state realizzate 14mila case popolari, ma anche distribuiti terreni per costruire alloggi. I materiali vengono forniti a basso costo (le rate sono pari a due pacchetti di sigarette) [10 reais al mese? mi sembra un’esagerazione questa, qualcuno può confermare?], la consulenza di un architetto è gratuita [non ci credo]. Per ogni casa realizzata il Comune regala due alberi di cui uno da frutta. I mobili e gli elettrodomestici usati vengono raccolti, riparati e dati alle famiglie bisognose [sarò cinico, ma qui sembra che Curitiba sia il Paradiso Terrestre, ma non è così].

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La mortalità infantile è un terzo rispetto a quella nazionale; l’età media è di 72 anni. 36 sono gli ospedali in città, l’assistenza e le medicine sono gratuite. Il 96% degli abitanti è alfabetizzato, e l’83% è diplomato o laureato. Sono 74 i musei e centri culturali e 30 le biblioteche disseminate nei quartieri; sono i “fari del sapere” perché hanno un faro bianco e rosso che svetta nel cielo.
Jaime Lerner è stato sindaco per tre mandati di seguito. La sua lungimiranza ha fatto sì che Curitiba oggi sia una delle città più green del pianeta, obiettivo che ha raggiunto con pochi investimenti incentrati sulla persona. Eppure di questa città se ne parla poco. E c’è da chiedersi il perché.

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