Ci sono cose che non cambieranno mai. Altre che cambiano col
tempo. Une delle cose che mai cambierà è il fatto di essere italiano. Può
sembrare una banalità ma non lo è, credetemi. Io vivo in questo paese da più di
tre anni, e come ho già detto in varie occasioni è molto probabile che sarà qui
che finirò i miei giorni. Ma pur “gostando” di questo paese (perché
credete che stia qui, perché trovo noci di cocco tutto l’anno?) non potrò mai
abituarmi ad alcune caratteriste di questo popolo, né tanto meno potrò mai
accettare di essere diverso da quello che sono.
È chiaro che non è così per tutti. Alcuni accettano di buon
grado queste differenze. Anzi, sono così portati per vivere in questo paese che
sono loro i primi a cambiare, non solo accettando in tutto e per tutto i costumi
e le abitudine locali, ma diventando a tutti gli effetti uno di loro. Leggo in
un noto
blog:
“… I brasiliani non dicono mai di “no”, non sono
capaci, non ci riescono, è più forte di loro. Credono di farti uno sgarbo, sono
troppo educati per dirti di no. Bisogna dire sempre di sì, essere sempre a
disposizione del prossimo, non irritarlo, assecondarlo, sempre. Non importa che
molto spesso irriti più un falso sì di un sincero no. Quel suono monosillabico,
tanto semplice da pronunciare, non lo vedrete mai uscire dalle labbra di un
brasiliano. Se poi non è tanto convinto del “sì” che vorrebbe pronunciare come
fosse una liberazione, se la cava con un “vamos ver“, “vedremo”, con un
“vamos nos falando“, “ci sentiamo”, con un “acho que sim“,
“penso di sì”… Tutti lo fanno, ma tutti si lamentano: “Sapevo che non veniva, è
un fanfarrão (fanfarone)”. Adesso basta! Divento fanfarrão
anche io: cari brasiliani piuttosto che dirvi un sincero no, comincerò anche io
a darvi buca, a rendervi pan per focaccia, ma in amicizia, con gentilezza. E poi
proprio come voi, poi mi lamenterò dei fanfaroni, ma bonariamente, senza
cattiveria. Alla fine siete fatti così e siete uno dei popoli più allegri del
mondo, cercate di non cambiare. Piuttosto cambio io.”.
Io non voglio cambiare gli altri, ma nemmeno voglio cambiare
io.
Questa mia mancanza di cambiamento per alcuni viene interpretata
come ottusità mentale, per altri come una forma di stupida e orgogliosa vanità.
Ma per la verità è solo una forma per dire agli altri “Accettami per quello che
sono”. Sono consapevole di non essere perfetto e di avere molte lacune, ma so
vedere anche le lacune degli altri. Quindi io non dirò mai a un brasiliano “Tu
devi fare come me, perché il tuo modo è sbagliato”. È ovvio che troverò strane alcune sue abitudini, se sono diverse dalle mie e dirò “Io faccio diversamente”. Ma
lascio libero di fare come ognuno vuole.
Purtroppo non è così per tutti e molte persone, solo per il
fatto che faccio notare queste piccole differenze, mi criticano aspramente e mi
giudicano in malo modo pensando che io mi creda superiore in qualche cosa.
Queste persone non si rendono conto che la mia non è una critica nel loro modo
di fare o di pensare, ma solo una constatazione logica di differenze culturali.
Ma purtroppo, in questo paese, la sincerità non è una cosa molto gradita.
Per fortuna esistono persone che sono consapevoli di queste
differenze, e ne parlano senza problemi, giusto per far capire agli altri che non
siamo tutti uguali, e che ognuno dovrebbe apprendere un poco dalle altre
persone. Uno di questi è Fabio Barbiero, già citato diverse volte in questo blog
per essere un ottimo conoscitore del popolo brasiliano (come lui è) ma anche di
quello italiano. Questo è quello che ha scritto un po’ di tempo fa a riguardo su
alcune differenze tra di noi:
SINCERIDADE NUA E CRUA
Esta è talvez uma das diferenças culturais mais
gritantes entre o Brasil e Itàlia e para explicà-la recorro a uma pequena
història que geralmente conto aos clientes e amigos:
Imaginamos a seguinte situaçao: voce està com o voo
marcado para o dia seguinte, e seu aviao partirà às 08:00 horas da manha e
precisa de alguém que te leve ao aeroporto.
Pedindo para um brasileiro, que entra às 08:00
da manha no emprego e SABE que nao terà como te levar, a resposta dele è mais ou
menos assim:
- Saga, fica tranquilo que a gente vai dar um jeito!!!
Vou ligar pro meu chefe, explicar a situaçao e claro que ele vai deixar, afinal
preciso levar um amigo no aeroporto...
Resultado: no dia seguinte, 7:30 da manha e com
voce jà tendo arrancado metade dos cabelos tentando ligar no celular do amigo -
sempre caindo na caixa postal ou nao respondendo, eis que consegue falar com ele
que te responde: - Puuuutz, cara sacumé, voce acredita que nao me liberaram para
te levar? E voce perdeu o seu voo...
Pedindo para um italiano, que também entra às 08:00 da
manha no emprego e SABE que nao terà como te levar, a resposta dele è mais ou
menos assim:
- Saga, nao tenho a menor condiçao de te levar no
aeroporto, pois neste horàrio estarei trabalhando, por isso è melhor voce
procurar outra pessoa ou outra alternativa!!!
Resultado: voce nao esperou a ajuda do cara, ligou para
um serviço de tàxi e graças a Deus correu tudo bem e voce conseguiu embarcar em
tempo. E nao perdeu o seu voo...
Conseguiram distinguir a diferença cultural aqui? O
italiano (o europeu em geral) nao tem meio-termo: ou è, ou nao è! Se voce tem um
problema, fale na cara, de forma franca, jamais fale pelas costas, pois isso
aqui è considerado falta de caràter - e convenhamos, é falta de
carater!!!
No Brasil existe a palavra melindre
que segundo o dicionàrio Michaelis significa, entre outras coisas: "Cuidado
extremo em não magoar ou ofender por palavras ou obras."
E è aqui que a porca torce o rabo, pois usualmente
temos tanto, mas tanto medo em magoar os outros que acabando fazendo promessas
mesmo sabendo que nao poderemos cumpri-las!!!
O italiano - ao contràrio - aprendeu desde pequeno que
magoar uma pessoa è exatamente o oposto: prometer algo que saberà que nao poderà
cumprir. E este comportamento para um brasileiro (melindroso) è considerado
estùpido ou mal-educado. Jà o comportamento do brasileiro para o italiano
(rigido) è considerado falta de caràter, de comprometimento, de
confiança...
Eu mesmo jà me vi em situaçoes embaraçosas, como por
exemplo um cliente que bateu na minha porta determinado dia (num domingo) para
reclamar que o italiano com quem ele dividia a casa era muito mal-educado e ele
nao estava mais suportando a situaçao. Quando eu perguntei o que havia
acontecido ele me respondeu: - Voce acredita que ele passou por mim e nao me deu
bom-dia?
Sim, caros leitores, juro que isso aconteceu e quando
eu escrever o livro 'As pèrolas do Saga' vai constar là com
certeza!!!
Minha resposta italianizada: - Ok fulano, voce bateu
na minha porta num pleno domingo apenas para me dizer que alguém nao te
cumprimentou, o que voce quer que eu faça??
Naquele momento, com base na cara toda chorosa do
rapaz, percebi que na verdade ele nao queria que eu fizesse nada, queria apenas
desabafar com alguém...
O Saga brasileiro teria respondido: - Poxa vida, nao
acredito, mas nao liga nao, às vezes ele estava imerso nos pròprios pensamentos,
e veja sò: voces nao sao amigos, ele nao precisa te dar bom dia todas às vezes
que te encontra durante o dia...
O Saga italiano simplesmente queria matar o cara,
pensando: - Porca miseria, o que eutenho a ver se alguém passou por voce e
nao te cumprimentou???
AS RELACOES ENTRE AS PESSOAS E A AMIZADE
Acredito
que uma das maiores liçoes que aprendi aqui na Itàlia è que chamar um amigo de
amigo è como a frase eu te amo: nao deve ser falada da boca pra fora!!!
Aprendi tambèm que as amizades sao construidas ao longo do tempo, e quando
alguém disser que è seu amigo, è porque ela è verdadeiramente seu amigo e que
farà qualquer coisa por voce!!!
"O brasileiro está acostumado a ter um milhão de
amigos. Você senta em um bar, conhece uma pessoa nova, na próxima vez que o
encontrar já o apresentará como "esse aqui é meu amigo fulano de tal". Na Italia
receber o título de "amigo" é quase tão difícil como conquistar uma medalha de
ouro nas Olimpíadas."
Porém aproveito para roubar um pouco mais do
artigo
original dela para enriquecer o argumento:
Se você trabalha sempre com uma pessoa, depois vai a
uma festa com essa pessoa, como a apresenta? O italiano dirá “questo é il mio
collega fulano de tal”. Sim, sempre colega mesmo que vocês trabalhem juntos há
anos! Será que é só um modo para dizer a mesma coisa? Vamos apelar ao
dicionário:
Collega: compagno di professione, di studi, di ufficio,
ecc. Socio in un’impresa, in un’attività, chi si trova nelle stesse condizioni
di un’altra persona.
Amico: che è benevolo; chi è legato a qualcuno con
affetto e familiarità: l’amico d’infanzia, l’amico del
cuore.
Entenderam? O que diferencia um do outro é o
sentimento. O collega é um colega por simples casualidade, o amigo é aquele do
coração, que faz parte da nossa vida.
Talvez o brasileiro chame todo mundo de amigo porque
mesmo por um breve período de tempo, deixa que aquela pessoa entre no seu
coração. Aqui é preciso demonstrar, provar, merecer.
Na Italia cada um tem o seu papel e deve saber muito
bem como não ultrapassar os limites da vida alheia. Tanto é que uma das
expressões mais usadas é “Non mi permetterei mai” ou “Non ti
permettere”.
È un vero peccato che in questo paese non ci siano molte
persone come lui, perché sono sicuro che potrebbe essere migliore. Ma forse sono
io che sbaglio e che pretendo troppo. Forse anch’io, come il mio amico di São
Paulo, dovrei cambiare e cercare di diventare almeno un po’ più brasiliano.
Ciao Franco!
RispondiEliminaSono d'accordo. Tanto per farti un esempio, ho una zia che è molto sincera ma tanta gente confonde questa franchezza con maleducazione.
Io, al contrario, dicevo di sì a tanta gente solo per non fare un dispetto. Il problema è che se ne approfittavano e quando toccava a me chiedere qualcosa (banale, tipo uscire per fare due chiacchiere o andare al cinema), dov'erano?
Franco,non so esattamente cosa pensare dei brasiliani: a prima vista da quello che scrivi tu e il confronto di Saga non sembrerebbe il massimo della serietà. Però è relativo....sono persone cosi simpatiche!!!! Purtroppo mi riconosco italiana al 100 per 100, mio malgrado. Rosanna
RispondiEliminaRosanna scrive: a prima vista da quello che scrivi tu e il confronto di Saga non sembrerebbe il massimo della serietà.
EliminaIn effetti...
bel post. Concordo su tutto. Il discorso è che viviamo in Brasile e quindi, convivendo al 99,99% con brasiliani o ci si adatta o si torna indietro. Mi rendo conto che questo vuol dire rinunciare o rinnegare una parte di sè stessi e la domanda "starò facendo la cosa giusta?" è sempre nella nostra testa.
RispondiEliminaCarissimo Franco, come sempre dico io: la differenza culturale tra il Brasile e l'Italia è in realtà "un'abisso culturale" - e solo chi hanno vissuto in entrambi paese riesce a vedere questo.
RispondiEliminaAll'anonimo: a volte bisogna parlare di cose serie con leggerezza - sbattere contro il muro, a parte il naso rotto, non ci porta a nessuna parte ;)
Lénorme difficolta´ che sembra avere la maggioranza dei brasiliani a dire di no, per me non e´una questione di educazione, di non voler offendere.
RispondiEliminaNiente affatto.
Secondo me e´causata dalla estrema superficialita´e mancanza di compromessi,oltre ad uno spropositato ego, che non gli fara´mai dire"'non ce la faccio" o "non lo so´fare" ,. e questo e´reso possibile anche dal silenzio degli altri.
E chi a questo silenzio (assenso) e´abituato .quando si sente rimproverare per un ritardo o qualsiasi piccola mancanza di educazione rimane cosi´sorpreso che non riesce a reagire se non facendo l´óffeso.
Ma questo atteggiamento e´diffuso anche in Italia, e secondo me anche in preoccupante crescita.
E qui si ritorna all'eterno problema, che e´l'educazione.
Se non te la danno e´molto difficile che te la darai da solo.
Mia figlia lascia sempre tutti a bocca aperta,perche' quando arriva in qualsiasi posto saluta tutti,cosa che la maggioranza dei bambini non fanno.
Il mio cane non abbaia a vanvera e non salta addosso a chi viene a trovarmi.
E questo non perch´mia figlia e il mio cane siano extraterrestri,ma semplicemente perche'sono stati educati cosi'.
Quindi piuttosto che di dfferenze culturali si dovrebbe parlare di dfferenti livelli di educazione e di valori.
Io non cambio, e non perche' mi senta migliore degli altri,ma perche' sono stato educato cosi', e quindi continuo ad arrivare in orario , a dire "no" ( e a spiegarne i motivi) senza preoccuparmi se verro' considerato maleducato.
Mi da molto lavoro non prendermela a male per i pessimi comportamenti che incontro quotidianamente,ma cerco in ututti i mdi di conservare la mia identita' educazionale,perche' allídentita' culturale non ci credo piu' molto.
I comportamenti sono individuali e le responsabilita´sono personali.
Questo e' quello che non mi stanco di ripetere agli amici brasiliani,quando per giustificarsi usano generalizzare.
Ho pochi amici brasiliani,infatti.
Concordo con Benedetto quando dice che "i comportamenti sono individuali e le responsabilità sono personali". L'educazione viene di casa e non dipende dallo status sociale delle persone o della loro posizione geografica.
RispondiEliminaSono nata e cresciuta in Brasile e l'educazione è sempre stata più che presente a casa, tramandata da generazioni. E per fortuna ho anche tanti amici e conoscenti in questa categoria.
Caro Franco.. bello post.. veramente le differenze culturali tra il Brasile e l'Italia sono enorme.. e anche se sono d'accordo con Benedetto su l'argomento della educazione, devo dire che ci sono comportamenti che secondo me sono sì meramente culturali... e vivere in un altro paese significa abituarsi ai costumi locali e rispettarli anche se non siamo d'accordo.. e questo è veramente difficile.. io condivido casa con una italiana.. e lei spesso me dice che non le ha piaciuto qualcosa che ho fatto, anche cose senza importanza, e non sempre dicelo modo molto gentile ma è sempre educata.. io invece, quando lei fa qualcosa invece di dirle rimango zitta.. perché alla fine penso.. dai non è stato niente.. non c'è problema.. voglio avere un ambiente tranquillo a casa.. ma questo è un pensiero brasiliano, perché noi ci offendiamo per poco... comunque.. quello che voglio dire è che io sono così, penso che dire qualcosa crearei un conflito o um ambiente strano anche se so che in Italia non è cosi, non riesco ad abituarmi.. e, poi, quando racconto ai miei amici italiano cosa è successo e loro mi chiedono "ma tu non hai detto niente?" e io dico di no loro non mi credono.. ma è così.. ma la cosa più bella è prendere il "migliore" delle due culture, non abbiamo bisogno di cambiare quello che siamo e la nostra cultura, ma in questo caso io sto imparando a dire quello che penso, e che questo non significa che non sono educata o gentile.. non cambierò mai il mio modo di essere "damos um jeito" però questo "damos um jeito" sta diventando "damos um jeito quando realmente podemos dar um jeito" hehehe
RispondiEliminaCatarina
Ti faró un esempio che può essere utile per spiegare questo modo di fare dei brasiliani.
EliminaIo non ho la macchina quindi o prendo l'autobus per andare in qualche posto o vado a piedi. Siccome l'autobus qui é molto caro (3,15 R$)di solito vado a piedi. Nessun problema, camminare fa bene. Peccato che con questo sole e questo caldo dopo 10 minuti di camminata sono già stravolto.
Quando arrivo, per esempio, in un negozio o un ufficio, chi mi attende di solito inizia con un "Olá, tudo bem?".
Io, nella mia beata e ingenua sincerità, essendo quasi morto di calore e sudato come un cammello, rispondo con un vago "Mais ou menos".
Questa gentile funzionaria (di solito é una donna), preoccupatissima, quasi piangendo (giuro che non sto esagerando)mi chiede sgranando gli occhi: "Porque, o que aconteceu??".
E io gli rispondo, sorridendo "Nada, estou só morrendo de calor".
"Ahh!", fa lei, e tutto riprende alla normalità. Quindi, anche una sincerità lieve e innocente come questa, qui può diventare un problema. Per questo, quando una persona ti si rivolge con un "tudo bem?", sempre e in ogni caso, anche si si sta per morire, bisogna rispondere "Tudo, e vocé?".