Solo due stelle al Brasile


Penso che ogni europeo conosca, o perlomeno abbia sentito parlare, della Guida Michelin. Nata nel 1896 in Francia é una pubblicazione annuale e riferimento mondiale sul turismo e gastronomia. Una sua caratteristica, forse quella più conosciuta, é la valutazione di ristoranti tramite stelle, da una a tre. in base alla qualità dei piatti proposti, alla presentazione ma anche alla pulizia e ai servizi offerti. 

L'anno scorso, per la prima volta, la Guida Michelin ha pubblicato un'edizione sul Brasile, valutando cosí alcuni tra i maggiori ristoranti brasiliani. Strano (ma non molto) che in un paese grande come l'intera Europa nessun ristorante abbia ricevuto le mitiche 3 stelle. ma solo un 2 stelle e sedici 1 stella (giusto per fare una comparazione, in Italia, che ha un'area poco più grande dello Stato di São Paulo, abbiamo raggiunto otto 3 stelle, trentotto 2 stelle e duecentottantotto 1 stella, per un totale di 334 stelle).

L'unico ristorante brasiliano aggiudicatosi le 2 stelle é il D.O.M. di São Paulo, grazie alla guida dello chef Alex Atala. 

Che dire? Non trovo sorprendente che il Brasile abbia ricevuto così poco, Qui non esiste una cultura del cibo come in Italia o in Francia e il concetto base di "comida" per quasi la totalità dei brasiliani é "riempirsi la pancia". Ma siamo appena all'inizio. Vedremo se col tempo la gastronomia brasiliani e i suoi relativi ristoranti riceveranno qualche stellina in più.

Si fa presto a dire “chef stellato”, soprattutto in un continente come il nostro dove le stelle Michelin non si contano più. Da oggi anche il Brasile ha le sue star della cucina, grazie alla pubblicazione della versione nazionale della guida con la “r” moscia più blasonata al mondo.


Nessun tre stelle tra i ristoranti brasiliani, però, sottolineando la linea dura degli ispettori, che forse stanno ancora “prendendo le misure” con un territorio e dei prodotti che non sono molto conosciuti.

Dopo che la rivista americana Time lo ha incluso nella lista dei 100 uomini più influenti al mondo, cosa che non capita tutti i giorni, e dopo che René Redzepi, il numero uno al mondo secondo la classifica dei World’s 50 best, lo ha definito uomo devoto alla sua missione e il più impegnato chef nel suo campo, Alex Atala (cuoco e proprietario del Ristorante D.O.M. di San Paolo) svetta anche in patria per la Guida Michelin Brasile che lo incorona con due stelle.

Alex Atala, ben prima dell’arrivo della Guida Rossa, si era tolto diverse soddisfazioni, tra cui essere al settimo posto della (pur controversa) classifica dei World’s 50 best.

Conosciuto soprattutto per la salvaguardia dei prodotti gastronomici dell’Amazzonia, è uno di quei personaggi che collocherei a metà strada tra grande cucina e filosofia globale.

Oggi tutti i grandi chef esprimono in qualche modo una filosofia personale e unica rispetto ai propri piatti e alle storie che vengono raccontate dalla loro cucina, ma Atala, insieme ad esempio a Eneko Atxa (ristorante Azurmendi) e Diego Muñoz (ristorante Astrid Y Gastòn) da tempo ha fatto un passo oltre la cucina.

Partendo da basi classiche (Atala ha studiato cucina in Europa), il suo tentativo è quello di far conoscere e valorizzare al meglio alcuni ingredienti del territorio brasiliano che sono sconosciuti al mondo.

Per questo motivo Atala non indossa solo il grembiule immacolato da cucina, ma anche gli scarponi da trekking per accompagnare antropologi e ricercatori alla scoperta dell’Amazzonia, dei suoi gioielli .Moltissimi ingredienti usati nella cucina di Alex Atala sono, per noi, quasi impronunciabili.

Arrivano da lontano, da un mondo non tanto abbandonato, ma mai davvero esplorato così a fondo. Tutto questo, unito all’abilità tecnica e avanguardistica di Atala, rendono l’esperienza gastronomica al suo D.O.M. un momento unico.otanici (e non solo) da inserire nel suo menu.

La terra, i suoi frutti, i suoi elementi. Il D.O.M., acronimo di Deus Optimus Maximus, è un tempio mistico della cucina, ma è anche un ristorante puro e semplice.

Con il suo ceviche di fiori e la sua formica amazzonica ci chiama alla terra, con il suo chef brizzolato, tatuato ed ex dj ci ricorda che non stiamo parlando di un guru metafisico, ma di un uomo.

Uno di quelli che prendono come cosa seria le proprie origini.

Se l’Amazzonia occupa il 47% del Brasile, anche per lo chef il 47% della propria cucina deve rispondere alle logiche della foresta.

A differenza di Redzepi, non certo assistitito dalla fortuna geografica, anzi piuttosto osteggiato da una Natura leopardiana (islandesi o danesi, poco importa) e non certo generosa, Atala invece ha a disposizione una sorta di gigantesco Luna Park naturale che si presta all’uso culinario.

I ristoranti stellati, in tutto il Brasile, sono 17. Considerato che il territorio del Brasile è assai più vasto dell’Italia, per fare solo un esempio, verrebbe da pensare che questa nazione abbia poco da dire a livello gastronomico.

Ma non possiamo usare una guida, seppur resti un punto di riferimento per “sincronizzare i palati”, come risposta esaustiva.

Due Stelle: 
D.O.M., San Paolo

Una Stella: 

Huto, San Paolo
Dalva e Dito, San Paolo
Oro, Rio de Janeiro
Roberta Sudbrack, Rio de Janeiro
Kinoshita, San Paolo
Epice, San Paolo
Kosushi, San Paolo
Tuju, San Paolo
Le Pré Catelan, Rio de Janeiro
Olympe, Rio de Janeiro
Attimo, San Paolo
Maní, San Paolo
Jun Sakamoto, San Paolo
Mee, Rio de Janeiro
Lasai, Rio de Janeiro
Fasano, San Paolo


Se, per caso, vi fosse venuta voglia di sperimentare dal vivo questa meraviglia, siete in tempo. Programmando le ferie estive, infatti, potreste includere nel pacchetto anche un viaggio in Brasile, che non è solo calcio e saudade.

Si dice che risponda lo stesso Atala alle telefonate che arrivano al ristorante per le prenotazioni.
Il menu degustazione al D.O.M. prevede 4 oppure 8 passaggi, e potreste sperimentare il Jambu: una pianta autoctona che, sul palato, regala una strana sensazione elettrica.

Ma ci sono anche estratti di manioca selvatica, una particolare specie di cuore di palma e la noce baru, per chi ama gli ingredienti sconosciuti.

L’esperienza al D.O.M., più che in altri ristoranti, è un salto nel vuoto.

In questo caso si sceglie di affidarsi in stato verginale nelle mani dello chef, lasciando che sia lui a guidarvi alla scoperta delle sue radici.

Fonte: Dissapore


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