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Viaggio in Amazzonia sul treno che taglia in due la foresta


Treni lunghi oltre 300 vagoni passano giorno e notte tra i villaggi e le riserve. Una risorsa fondamentale per l’export, che però crea problemi e fa molte vittime

di Rocco Cotroneo


In Brasile ci sono pochissimi treni, e quasi tutte le linee ferroviarie sono state costruite in epoche diverse per trasportare minerali, dall’interno del Paese verso i porti sull’Atlantico. Quella che taglia in due il Maranhão - influenzando nel bene e nel male nella vita di tanta gente - nasce nella foresta nel vicino Stato del Pará, in quella che è considerata la regione mineraria più ricca del mondo. Carajas, così è chiamata, è un’area dove la geologia ha creato riserve immense di ferro, rame, manganese e oro. Il minerale di ferro, in particolare, è talmente abbondante che serve una linea ferroviaria apposita, raddoppiata di recente, per far correre vagoni carichi giorno e notte, 365 giorni all’anno, verso il porto di São Luis. La quasi totalità di questa ricchezza difatti è esportata.

Senza fretta per arrivare

Quando il gigante minerario Vale, all’epoca pubblico, volle costruire questa ferrovia una delle condizioni imposte fu che avrebbe dovuto fornire alla popolazione locale un servizio passeggeri. Il treno oggi corre tre volte alla settimana in un senso e tre nell’altro. Una corsa sola per percorrere 892 chilometri in estenuanti 16-18 ore. Una media da convoglio merci appunto, senza fretta per arrivare. Ma il treno è fresco, comodo e sempre meglio dell’autobus. L’ho preso per spostarmi da Santa Ines alla città di Açailandia, e poi per la tappa successiva.


Una ferita scoperta

Il progetto della ferrovia, negli anni Ottanta, venne disegnato tracciando la linea più breve, senza troppe preoccupazioni collaterali. All’epoca la copertura verde della regione era superiore a oggi, ma non furono tanto sull’ambiente gli effetti peggiori. Il problema sono i danni alle popolazioni, indios e non, che abitano lungo il percorso. Oggi le organizzazioni per i diritti umani considerano questo treno una ferita scoperta nel cuore dell’Amazzonia. Una delle più importanti Ong del Maranhão si chiama «Justiça nos trilhos», Giustizia sui binari, l’ha fondata un padre comboniano italiano, Dario Bossi. Si occupa di tutti i danni provocati dalla linea ferroviaria sulle persone e l’ambiente. Nella prossima tappa ad Açailandia, una città industriale nata come polo siderurigco grazie alla prossimità con le miniere, parleremo di questi drammi.

Convogli da oltre 300 vagoni



Sono treni che non è dato vedere in altre parti del mondo. Lunghi vari chilometri, ce ne sono fino a 330 vagoni e hanno bisogno di altre tre motrici in mezzo al convoglio. Viaggiano carichi dalle miniere di Carajas verso il porto e tornano vuoti, o con altre merci. Passano a qualunque ora, giorno e notte, tagliano villaggi e costeggiano le riserve indigene. Non c’è alcuna protezione e le vittime in questi anni potrebbero essere state molte decine. Aggiungiamo il rumore, e l’inquinamento delle polveri di ferro che cadono dai vagoni scoperti. Gli indios sostengono che il rumore ha fatto scappare da tempo gli animali selvatici, quindi una delle loro forme di sostentamento. Ora devono andare a caccia molto più lontano. Nella «aldeia» (villaggio) Maçandaruba dicono di sentire il treno passare una ventina di volte di giorno e altrettante la notte. E il rumore può durare anche una ventina di minuti

Morte sui binari

Solo dopo lunghe lotte e proteste la Vale è stata costretta a costruire viadotti affinché auto e persone potessero attraversare i binari in sicurezza. All’inizio si era limitata a scavare tunnel sotto la linea, i quali però durante la stagione delle piogge si allagano diventando inutilizzabili. Poi una lunga occupazione dei binari nel 2013, seguita a un episodio drammatico, smosse le cose. Era successo che l’ abitante di un villaggio che costeggiava la ferrovia, colpito da infarto, non era riuscito ad arrivare vivo in ospedale perché un convoglio lunghissimo, e fermo per ore, ostruiva il passaggio. Detto questo, va ricordato che la «Estrada de ferro Carajas» è una delle spine dorsali irrinunciabili per l’economia brasiliana. Consente alla più grande miniera di ferro sul pianeta di fare del Brasile il primo produttore e esportatore al mondo. Gran parte del minerale va in Cina e la produzione di Carajas incide sui prezzi internazionali del metallo come quella dei pozzi sauditi sul petrolio. La ferrovia però avrebbe dovuto essere messa in sicurezza da molto tempo, soprattutto perché con la globalizzazione ha consentito alla multinazionale utili clamorosi, nemmeno immaginabili quando venne costruita..

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